Al Senato commemorazione delle vittime del terrorismo

Il calendario ci porta a celebrare oggi la data del 9 maggio che il nostro Paese ha scelto per onorare il ricordo delle vittime del terrorismo. E noi, in questa giornata, ricordiamo innanzitutto Aldo Moro e gli uomini della scorta trucidati dalle Brigate rosse.
Lei ha già citato quei nomi ma mi sembra giusto ricordare ancor auna volta i nomi di Raffaele Iozzino, Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Giulio Rivera, Francesco Zizzi.
Noi oggi ricordiamo anche Peppino Impastato ucciso dalla mafia quel tragico 9 maggio 1978. Oggi siamo qui a ricordare le sconfitte di questa tremenda stagione ma anche se qualche ora fa è stata liberata dalla nostra intelligent, una ragazza, una volontaria che era andata ad aiutare altrove, Silvia Romano, e mi pare in questa giornata doveroso esprimere la nostra felicità.
Mai e poi mai si cade nella retorica quando si celebra il ricordo di donne e uomini, delle persone morte in attentati e in stragi. Obiettivi dei terroristi o vittime innocenti, uomini e donne che si trovavano su un treno o in una stazione, in piazza o in una banca. In aereo o per strada. E che, inconsapevoli, hanno incontrato la morte. Noi diciamo sempre si trovavano al posto sbagliato al momento sbagliato. No, cari colleghi loro stavano al posto giusto nel momento giusto. Volti e storie che non appartengono mai al passato ma che vivono nel presente anche perché, per molte di queste vittime non c’è ancora verità e giustizia.
Le stesse verità giudiziarie acquisite nel tempo, possono essere messe in discussione anche a distanza di anni. Ecco perché a 40 anni dalla strage del 2 agosto 1980 nella stazione di Bologna i familiari delle vittime chiedono ancora verità e giustizia, di conoscere ancora i veri mandanti di quella strage: 85 morti e oltre 200 feriti.
Ecco perché sul rapimento e la morte di Aldo Moro e della sua scorta ancora oggi ci poniamo degli interrogativi.
Ma non è questa la sede per ripercorrere i misteri che avvolgono la storia recente della nostra Repubblica.
Dovremmo tener conto degli scenari internazionali, patto atlantico, il mondo diviso in blocchi, il ruolo occulto di pezzi infedeli dello Stato.
Ma è chiaro a tutti che la qualità della nostra democrazia dipende da come facciamo i conti con il nostro passato.
Certo, alcune di queste verità sono e saranno terreno di confronto tra gli storici ma altre vivono ancora nelle aule di giustizia.
“La verità è un diritto. E cercarla è un dovere per le istituzioni”. È il monito del presidente della Repubblica. Noi oggi ricordiamo anche tutte le vittime del terrorismo internazionale, un elenco lunghissimo. Vorrei ricordare qui Antonio Megalizzi, giornalista italiano, ucciso a Strasburgo l’11 dicembre 2018, insieme ad altri, da un terrorista al grido di ‘Allah Akbar’.
E i molteplici attentati di Parigi del 13 novembre 2015, la strage del Bataclan, una serie di episodi terroristici che provocarono la morte di 130 persone e 350 feriti. Tra quelle vittime c’era la nostra Valeria Solesin, ragazza stupenda, per anni volontaria di Emergency.
Vite spezzate, ferite aperte per tutti noi.
È difficile oggi dare una definizione del terrorismo. Certo, ricordando Aldo Moro possiamo dire che il gruppo delle Brigate rosse con quell’azione voleva sovvertire l’ordine democratico della nostra Repubblica. Erano gli anni del terrorismo rosso e del terrorismo nero, dell’insurrezione armata contro lo Stato democratico e del terrore nero, e non solo, per bloccare la stagione delle riforme, del centro che apre alla sinistra dello schieramento parlamentare. Piani segreti per rispondere all’invasione comunista, esplosivi e armi nascoste sul fronte orientale.
Militari e civili insieme in organizzazioni segrete, piani di rinascita di gelliana memoria.
Anni terribili per la nostra Repubblica democratica e antifascista.
In campo sono scesi diversi attori del terrore. Logge massoniche coperte e apparati, Cosa nostra. Un filo unico rosso sangue. E, dunque, da Portella delle Ginestre, a piazza Fontana, alla strage di Brescia, Italicus, rapido 904, stazione di Bologna, Ustica, Capaci, via D’Amelio, via dei Georgofili, Milano, Roma. Moro, Occorsio, Alessandrini, Calabresi, Custra, Guido Rossa, Vittorio Bachelet. E consentitemi di citare Pio La Torre, Cesare Terranova, il prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa, Piersanti Mattarella.
La democrazia, la nostra democrazia ha resistito, nonostante il terrore. Grazie a uomini e donne dello Stato, poliziotti, carabinieri, magistrati, esponenti della società civile che hanno sacrificato le loro vite per la legalità. Ma la democrazia ha resistito anche perché i terroristi furono isolati e respinti dall’intero Paese.
Vorrei citare ancora una volta, il capo dello Stato, Sergio Mattarella: “il terrorismo è stato sconfitto grazie al sacrificio e alla rettitudine di molti, e grazie all’unità che il popolo italiano ha saputo esprimere in difesa dei valori più profondi della propria civiltà. La storia ci ha dimostrato che l’unità e la coesione degli italiani sono gli strumenti più efficaci di fronte ai pericoli più gravi”.
Parole sagge, di verità. A ogni strage, a ogni agguato, il Paese è sceso in piazza. Dal Nord al Sud e voglio sottolineare il ruolo fondamentale di baluardo della democrazia che hanno avuto le organizzazioni del movimento operaio e sindacale. C’è stato poi il passaggio dalla prima alla seconda repubblica. Anni cruciali sui quali storici e magistrati dovranno ancora rispondere ai tanti interrogativi aperti.
Nel terzo millennio abbiamo conosciuto un nuovo terrorismo, quello delle Torri gemelle e del califfato, degli attentati in Europa e dei gruppi islamici. Oggi è il tempo delle guerre asimmetriche, di kamikaze e autobombe, di commando suicidi. Democrazie sempre più fragili, con Paesi che pensano di rispondere alla crisi di oggi chiudendosi nei propri confini, alzando muri invece che ponti.
Quando i nostri padri costituenti ci consegnarono la Carta pensarono di proteggerci dalle guerre. Pace scrissero, mai più guerre.
Abbiamo bisogno di riscoprire quei valori, la tolleranza, l’inclusione.
Vorrei concludere citando uno scritto di Aldo Moro del 15 agosto 1944, quando all’ordine del giorno c’era la ricostruzione morale e materiale del post fascismo.
“Solo una vita solidale è vita. Ora -scriveva Moro- dobbiamo percorrere una lunga e difficile strada, dobbiamo appunto ricostruire. Cominciamo di qui. Rimettiamoci tutti a fare con semplicità il nostro dovere, senza nulla perdere dei valori che in ogni opera fatta dagli uomini e per gli uomini si ritrovano”.
Ecco, anche noi a 75 anni dopo dovremo ricostruire il nostro Paese colpito dal virus che ha cancellato un’intera generazione e le cui conseguenze socioeconomiche sono e saranno drammatiche.
Un virus, nemico invisibile e per questo subdolo, che ci ha fatto precipitare in un incubo, in uno scenario simile a una guerra che ha costretto tutti noi a fare i conti con le nostre stesse fragilità, con le crepe che negli anni si erano aperte nel sistema-Italia, con nuove e inaspettate priorità, con quella povertà strisciante che ci siamo ostinati per anni a non vedere e che si è allargata fino a entrare lì dove non possiamo non vederla più.
Macerie sulle quali dovremo ricostruire un mondo nuovo, un’idea nuova di società e di vita, di lavoro e di cultura. E dovremo mettere al centro le persone, la lotta alle diseguaglianze. Facendo con semplicità il nostro dovere senza calpestare i nostri valori.
Ecco il video https://bit.ly/3q5G27B
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